Qualcuno si è rotto le palle


(Istruzioni per l’uso: l’autore del post, ha solo fatto una considerazione personale su quanto emerso da discussioni, confronti ed esperienze personali, avuti nel corso della sua vita. Trovando conferme anche in dialoghi con colleghi, amici ecc… che insieme hanno espresso la sensazione di disagio (la rottura di palle). L’autore (me medesimo) non ha voluto dare ascolto ai consigli di chi gli ha detto: “fai a meno di scriverlo vedrai che anche lì, tanti ti malediranno, perché non capiranno il messaggio, vedendolo in maniera del tutto soggettiva”. Prendetelo per quello che è, tutti quanti prima o poi si romperanno le palle di non esser capiti)

I rapporti con gli altri, per la maggior parte della gente, vengono affrontati in maniera soggettiva. Per esempio chi non si è sentito dire la classica frase: “Se quello che pensi/fai/provi/ecc è così, allora agiresti in questa maniera”.

Ci aspettiamo sempre che l’altro/a agisca secondo la nostra logica, convinti che un’azione non in linea a quella che pensiamo noi, sia semplicemente falsa.

Funziona in ogni luogo e in ogni tipo di rapporto. Quindi è facile dedurre che: la visione soggettiva della vita è il principale male dei rapporti sociali, dato che mette in dubbio la sincerità degli altri. La soggettività può essere un motivo di confronto, ma non diventare la base di un rapporto con gli altri, in questo ne verrà penalizzata la fiducia.

Spesso si dimentica che ogni singola realtà è ben diversa dalla nostra, non tutti possono fare semplicemente un passo dopo l’altro, perché c’è chi, metaforicamente parlando, cammina su una strada asfaltata e larga, che gli permette pure di inciampare senza conseguenze, e chi, invece, cammina su un filo teso sulle cascate (ma non importa, sono certo che molti diranno “tutte scuse” comodo liquidare così la vita degli altri).

Ognuno quindi, sotto un determinato stress, agisce in maniera diversa: chi piange, chi si spara, chi dice “fanculo”, chi fa finta di niente, chi si distrae facendo altro, chi smonta il motore della macchina, chi si mette a cantare e chi semplicemente a ridere (ma tali reazioni saranno raramente capite dagli altri).

La soggettività logora, specie se questa serve per accusare l’altro/a di essere “bastardo/a” se non fa quanto ci aspettiamo. Allora viene da pensare, non è che a lungo andare, qualcuno si rompa le palle?

Ovvio che la domanda è retorica.

Tempo fa, feci un corso sulla leadership, per lavorare in gruppo, e insieme dovevamo risolvere il semplice quesito su un omicidio, dopo un breve racconto che ha messo a disposizione tutte le dinamiche che hanno portato al fatto.

In breve la storia è quanto segue:

Una donna, spesso lasciata sola dal marito per motivi di lavoro, approfittando del suo ennesimo viaggio, va dall’amante che abita nella stessa città, ma dall’altra parte dell’unico ponte che attraversa il fiume.

Sapendo che il marito sarebbe rientrato la mattina presto, finito con l’uomo, di notte parte e ritorna verso casa, ma sul ponte trova un folle armato di coltello che le promette di ucciderla se avesse tentato di passare.

Lì vicino c’è un traghettatore, ma ella non ha soldi con sé. La donna spiega la situazione ma l’uomo non ne vuole sapere, di trasportarla dall’altra parte senza essere pagato.

Quando torna dall’amante, nonostante avesse spiegato tutto per chiedergli aiuto o almeno di prestarle i soldi del traghetto, lui la manda via.

Da quella parte viveva anche un amico di vecchia data, ricordando ciò la donna corre a trovarlo e racconta tutta la situazione. Lui, innamorato segretamente della donna, appreso che ella aveva un amante la manda, a sua volta, via senza aiutarla.

A questo punto la donna disperata, sapendo che doveva rientrare se non voleva mettere a rischio il matrimonio, decide di attraversare il ponte e il folle realizza quanto promesso.

La domanda finale fu: Chi ha ucciso la donna? (chiedendo di stabilire una classifica delle responsabilità. Qui ringrazio la docente Laura Bolognini, il corso fu fonte di grandi insegnamenti)

In un gruppo di dieci persone, si arrivò a discutere a lungo, ognuno aveva una visione soggettiva della faccenda e cercava in ogni modo, di fare prevalere la propria visione su quella dell’altro, quando l’unico modo di risolvere la questione era affidarsi all’oggettività, ai semplici fatti (ovvio che non vi do la soluzione anche se scontata).

Questo accade ogni giorno, in ogni rapporto. Si cerca di imporre la propria idea e non si ascolta mai quanto l’altro ha da dire, oppure si ascolta, ma non ci crediamo minimamente, per questo qualcuno, alla fine, stufo di passare per stronzo si è rotto le palle.

Un pensiero su “Qualcuno si è rotto le palle

  1. ciao^^ ho letto il post e ammetto sinceramente di essermi ritrovata più o meno in tutti i ruoli citati (non nella storia-paradosso, quella la uso al lavoro :-P); è quindi partito un vortice di pensieri che si è concluso con le parole di un folle illustre, ho deciso allora di riscriverle qui nell’augurio che, una volta reincollate le palle, possano suscitarti un sorriso :
    “ e allora io… ripensai a quella vecchia barzelletta, quella in cui c’è questo tizio che va dallo psichiatra e gli fa: “Dottore, mio fratello è pazzo. Crede d’essere una gallina.” E allora il dottore gli dice: “Ma perché non lo rinchiude in manicomio?” E quel tale gli risponde: “Già! Ma poi dopo, l’ovetto fresco, a me, chi me lo fa?” Insomma, mi pare ch’è proprio così, grosso modo, che la penso io, riguardo ai rapporti umani. Mi spiego, sono del tutto irrazionali e pazzeschi e assurdi e… ma… mi sa tanto che li sopportiamo perché, hm… tutti quanti… più o meno ne abbiamo bisogno, dell’ovetto fresco”.[Io e Annie.(W.Allen 1977)].
    Buonanotte

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