[Articolo apparso su “Il Resto del Carlino di Rovigo” del 25 maggio 2011 – Testi e Foto: Nicola Cappello – Clicca sulle foto per vederle in grande]
Il Diario: le voci, i commenti le speranze del popolo dei lavoratori della centrale polesana
Nella stazione di Rovigo, lunedì mattina, qualcuno indossava la divisa di Enel, altri, invece, giravano “in borghese” e in attesa dell’arrivo del “Freccia d’argento”, che li avrebbe condotti sino a Roma.
“Una luce per Porto Tolle” era la manifestazione organizzata dai dipendenti stessi dopo la sentenza del Consiglio di Stato, che ha bloccato l’apertura del cantiere per la conversione della centrale di Polesine Camerini, solo la settimana scorsa.
Sono partiti in centinaia, era importante presenziare ed essere uniti, come molti hanno spiegato, anche se c’era scarsa speranza e fiducia, oltre a tanto pessimismo, tra chi partiva rassegnato dall’idea che le cose non sarebbero cambiate e chi, invece, intendeva lanciare un segnale forte alle istituzioni.
“Nutro poche speranze in questo viaggio e per l’andamento che c’è in generale in Italia – racconta Dino mentre è fermo sul binario 2, in attesa del treno in ritardo di un quarto d’ora, da ventisei anni è dipendente Enel -. Da anni stiamo lottando per lavorare e ci troviamo sempre al punto di partenza. Non è un segnale positivo per il futuro, tutto il Delta è in crisi profonda, come la pesca e l’agricoltura”.
È Il quarto viaggio della speranza a Roma ed il messaggio è pressoché lo stesso da parte di tutti: “vogliamo lavorare, non abbiamo altre alternative sul territorio”. E sono le parole dei 300 operai che si sono messi in viaggio, chi in treno e chi in pullman, per la capitale, pronti a manifestare in piazza Farnese, vicino a quella del Consiglio di Stato, troppo piccola per raccogliere la folla che nel pomeriggio di lunedì avrebbe invaso Roma.
La pioggia non ha fermato l’iniziativa della comitiva che comunque ha raggiunto il punto di incontro e la manifestazione è iniziata come da programma, dopo l’arrivo dei colleghi provenienti, da altre centrali energetiche d’Italia, e la tregua concessa dal maltempo.
Tra slogan e proteste, i giovani portotollesi sono stati i primi ad esprimere il loro disagio, come Mirco, 27 anni, che da qualche tempo lavora nella centrale di Polesine Camerini, tramite un’azienda esterna di Rosolina che si occupa della manutenzione del verde: “Se non partono i lavori ci dovremo spostare – commenta, mentre sfila in piazza Farnese con la bandiera di Enel e la maglia con scritto ‘rivogliamo il nostro lavoro’ – dato che non ci sarebbe futuro qui. Questa è una cruda realtà”.
Della stessa idea anche Andrea, Francesco, Marco e Matteo, un gruppo di giovani deltini dai 22 ai 24 anni: “Lavoriamo alla manutenzione della centrale – spiegano – con questo stop rischiamo di perdere il posto di lavoro”.
E come vedono i giovani il futuro nel territorio? “Di questo passo – continuano – se non c’è lavoro saremo costretti a spostarci all’estero, qui non ci sono molte possibilità”.
E tra i manifestanti c’era anche chi ha figli, che vedevano il proprio futuro legato all’opera di riconversione: “Il mio – racconta Amabile dell’ufficio personale – si è appena laureato in ingegneria elettronica, è precario a Padova ed è in attesa dell’avvio dei lavori di conversione, infatti, non ha voluto spostare la residenza da Porto Tolle per questo motivo”; e per molti appare insensato che un territorio abbia come unica possibilità di lavoro e sviluppo solo questo cantiere. Secondo alcuni, il dito andrebbe puntato contro il mondo politico, che in questi decenni non ha saputo creare anche delle strade alternative di sviluppo. 2,5miliardi di euro sono un investimento importante, ma un territorio non può “morire” se questo viene a mancare.
Finita la manifestazione di nuovo tutti in albergo a scambiare opinioni e ieri mattina i dipendenti sono tornati da Roma, con la certezza che il problema rimane l’articolo 30 della legge costitutiva del Parco del ’97 e che ora la palla è rimbalzata in Regione Veneto, che dovrà per forza effettuare le opportune modifiche. Dopo Roma, sarà Venezia la prossima sede della protesta? “Speriamo di no”, rispondono i lavoratori “speriamo che ora tutto si sistemi”.